Come evitare che le newsletter inviate finiscano in spam a causa dei filtri anti-spam.

Ogni anno i filtri anti-spam vengono potenziati e migliorati dalle software house che sviluppano e mantengono i software per la gestione della posta elettronica sui mail server. Negli ultimi anni la guerra allo spam è divenuta serratissima, anche a causa dell’abuso di questa pratica fastidiosa da parte di “aziende” intente a guadagnare tramite frodi e illeciti tramite l’invio di comunicazioni massive a database di utenti acquisiti in modo non conforme alle normative della privacy. L’innalzamento delle barriere anti-spam però a volte coinvolge anche i flussi benigni di e-mail, cestinando erroneamente e-mail lecite che vengono per errore scambiate per spam.

Come evitare che le newsletter finiscano nello spam: creare email a prova di filtri antispam

La cartella spam è il principale nemico di una campagna di email marketing efficace: se le newsletter inviate vengono etichettate come posta indesiderata e non raggiungono la cartella inbox dei destinatari, molto probabilmente saranno ignorate, vanificando tutto il lavoro fatto per la loro ideazione e composizione.

I filtri antispam, ovvero i sistemi integrati nei client di posta elettronica e nei servizi webmail, valutano essenzialmente due aspetti per selezionare i messaggi in ingresso:

  • la reputazione del server, dell’IP e del dominio mittenti;
  • i contenuti e la struttura HTML dell’email.

In questo articolo ci proponiamo di analizzare i vari aspetti che contribuiscono a determinare lo spam score di una newsletter. Con questo termine, si indica il “punteggio di spam” che i filtri attribuiscono a ciascun messaggio e che, superata una soglia critica, ne determina l’esclusione dalla cartella “in arrivo”.

Con i giusti accorgimenti, è possibile creare ed inviare newsletter a prova di filtri antispam e migliorare la deliverability della campagna di email marketing, ovvero il tasso di consegna dei messaggi.

Ricorrere ad una piattaforma per l’email marketing (non usando il client di posta da PC)

Per gestire l’invio multiplo di un’email verso centinaia o migliaia di contatti occorre affidarsi a servizi ad hoc, progettati proprio per permettere la spedizione di grandi moli di messaggi in tempi rapidi e, soprattutto, senza insospettire i filtri antispam.
In effetti, inviare una newsletter sfruttando un normale client di posta e inserendo un lungo elenco di contatti in CC è un modo sicuro per finire nella cartella spam dei destinatari.

Le piattaforme per l’email marketing consentono di sfruttare server di invio multipli e, generalmente, sono in grado di garantire l’assenza degli IP mittenti dalle principali blacklist degli spammer (grandi database che raccolgono tutti gli IP colpevoli di attività di spamming).

A seconda del proprio livello di confidenza con gli strumenti e le strategie dell’email marketing, si può optare per servizi ricchi di funzionalità in lingua inglese come il noto getresponse oppure per piattaforme dall’uso più intuitivo come il servizio italiano opendem.
Oltre a garantire una buona deliverability, questi sistemi semplificano i vari aspetti in cui si articola una campagna di email marketing, fornendo strumenti per amministrare le liste dei contatti e impaginare newsletter professionali e accattivanti.

Impostare il record SPF per il dominio mittente

Il record SPF rientra tra i protocolli ideati per certificare l’identità del mittente e la sua autorizzazione ad inviare email da uno specifico dominio.

La configurazione del record SPF serve per autorizzare l’IP del server (o dei server) della piattaforma di email marketing utilizzata ad inviare le newsletter sfruttando un indirizzo del proprio dominio come mittente.
In sostanza, quando il client di posta o il servizio webmail del destinatario riceve una newsletter, verifica se l’IP di provenienza è presente tra quelli elencati all’interno del record SPF dell’indirizzo email del mittente. Se esiste una corrispondenza, il messaggio viene accettato nella cartella inbox; in caso contrario, sarò deviato nella cartella spam.

Per configurare correttamente il parametro SPF occorre aggiungere la classi di IP del servizio di mailing utilizzato (generalmente fornite su richiesta dallo staff della piattaforma) e modificare opportunamente il record TXT del DNS del proprio dominio (ovvero quello che si sceglie di indicare come mittente).
Questa operazione può essere svolta in autonomia, accedendo al pannello di controllo del proprio dominio e selezionando la voce relativa all’aggiornamento o alla modifica del record SPF (generalmente presente tra le opzioni avanzate). Nel TXT del DNS va quindi aggiunto un record di questo tipo:

v=spf1 ip4:IP-di-esempio ~all

sostituendo la dicitura “IP-di-esempio” con i dati forniti dal servizio di mailing.

Di seguito un esempio: v=spf1 ip4:194.123.144.210 ~all

La configurazione del record SPF può risultare un’operazione complessa per i non addetti ai lavori. In caso di dubbi, è consigliabile chiedere il supporto del fornitore del proprio dominio e lasciarsi guidare nella procedura.

Questo accorgimento migliora le chance di evitare la cartella spam dei destinatari per due ragioni:

  • i domini dotati di record SPF solitamente sono esenti dal rischio di inserimento in una blacklist, perché difficilmente sfruttabili da terzi per veicolare frodi e attacchi informatici;
  • i filtri antispam, verificata l’autorizzazione dell’IP mittente, tendono ad etichettare come innocue le email in arrivo.

Rispettare gli utenti

I filtri antispam non tengono conto solo dell’identità e della reputazione del mittente o delle caratteristiche del messaggio, ma anche delle reazioni generate nei destinatari, secondo algoritmi complessi ma sempre più fini, anche grazie al continuo scambio di informazioni tra sistemi appartenenti a client diversi.

Esistono diverse situazioni che possono compromettere la reputazione di un mittente agli occhi dei filtri antispam, tra cui:

  • bounce rate (tasso di rimbalzo, ovvero di email non consegnate) molto elevato;
  • numero di email immediatamente cestinate alto;
  • ripetute segnalazioni per spam da parte dei destinatari.

Queste problematiche, oltre a denotare un problema di fondo nell’impostazione della campagna di email marketing, rischiano di compromettere permanentemente la reputazione dell’IP di invio, fino a provocarne l’inclusione all’interno delle blacklist.
Per evitare di incorrere in una simile situazione è necessario:

  • inviare solo verso mailing list di qualità (contenenti contatti attivi e appartenenti ad utenti iscritti volontariamente);
  • non acquistare liste di contatti già pronte;
  • contenere la frequenza degli invii (in genere si consiglia di non spedire più di una newsletter a settimana);
  • mantenere alto l’interesse degli utenti, elaborando contenuti originali, utili e interessanti.

Comporre messaggi a prova di filtri antispam

Il modo in cui viene impostata la newsletter incide direttamente sul suo spam score. Gli elementi ai quali occorre prestare attenzione sono essenzialmente 4:

  • il mittente;l’oggetto;
  • i testi e le immagini;
  • il template HTML.

Alcuni servizi di mailing presentano strumenti integrati per il calcolo del punteggio di spam. In alternativa, si possono sfruttare applicazioni online come Mail-tester: questo strumento è in grado di analizzare le newsletter, fornire un riscontro sulla loro qualità e presentare una serie di spunti per ridurne lo spam score.
In ogni caso, la strategia migliore per essere sicuri che la maggior parte dei messaggi spediti giunga davvero a destinazione consiste nel creare una casella postale di test con ognuno dei principali servizi webmail ed effettuare una spedizione di prova verso di esse. Se una o più caselle email ricevono la newsletter nella cartella spam, si impongono verifiche sull’impostazione dei messaggi.

Il mittente

Tutte le newsletter inviate nell’ambito della propria campagna di email marketing devono indicare in modo chiaro il nome e l’indirizzo di posta elettronica del mittente. Omettere questi dati oppure inserirne di palesemente falsi contribuisce a mettere in allarme i filtri antispam.

Indicare sempre in modo chiaro l’identità del mittente è utile anche per aumentare il tasso di apertura delle newsletter: se chi riceve il messaggio conosce chi lo ha inviato, sarà sicuramente più portato ad aprirlo e consultarlo.

L’oggetto

L’oggetto è uno dei primi elementi analizzati dai filtri antispam. Il titolo della newsletter riveste un ruolo fondamentale e spesso la sua scelta è tutt’altro che semplice: esso deve essere breve, circostanziato ed accattivante. È facile cadere nelle tentazione di ricorrere a formule altisonanti nella speranza di attirare l’attenzione dei destinatari e indurli al click sul messaggio. In molti casi però, le espressioni e i termini utilizzati possono risultare involontariamente simili a quelli tipici delle email spammose.

Nella pratica, l’oggetto della newsletter, che per nessun motivo va lasciato vuoto, deve essere il più breve possibile (il valore ottimale è meno di 25 caratteri spazi inclusi) e coerente con i contenuti del messaggio.
Di contro, occorre evitare di inserire nel titolo della newsletter:

  • spazi in eccesso;
  • segni di punteggiatura superflui (specie le sfilze di “!”);
  • troppi simboli e caratteri speciali (“$”, “€”, “&”, ecc.);
  • esclusivamente emoji (“♥️” o “☼”);
  • lettere accentate (è preferibile sostituirle con la combinazione lettera più apostrofo);
  • termini tipici dello spam (“gratis”, “free”, “offertissima”, “guadagna”, ecc.);
  • parole in maiuscolo;
  • l’indirizzo email del destinatario.

I testi e le immagini

È buona norma prevedere sempre dei contenuti di testo, anche se minimi, perché le newsletter contenenti esclusivamente file di immagine rischiano di essere trattate alla stregua di messaggi vuoti ed essere subito bollate come spam.

Per quanto riguarda l’impostazione dei testi si consiglia di seguire le stesse regole indicate per l’oggetto della newsletter. In più, occorre prestare attenzione anche alla scelta della loro formattazione.

In generale, è bene mantenere uno stile semplice e standard, anche per limitare il rischio che i destinatari incontrino difficoltà nel visualizzare la newsletter.
Per guanto riguarda il font occorre:

  • usare solo i caratteri standard (Arial, Times New Roman, Georgia, Verdana, ecc.);
  • evitare di inserire più di 2 caratteri diversi;
  • limitare le dimensioni (massimo 16 px);
  • evitare l’uso di colori diversi dal nero e, in particolare, del bianco, del blu e del rosso.

Per quanto riguarda le immagini, si consiglia di:

  • inserirle linkandole da risorse esterne e non in versione embedded;
  • specificarne sempre la descrizione alternativa (attributo “alt” del tag );

Infine, altri suggerimenti utili per la composizione dei messaggi sono:

  • evitare il ricorso agli allegati;
  • non inserire link abbreviati (ottenuti utilizzando servizi come Google URL Shortener), collegamenti che puntano a siti sospetti o semplici indirizzi IP;
  • inserire sempre il link per la cancellazione dalla mailing list;
  • fare attenzione all’uso di espressioni tipiche dello spamming come “clicca qui”;
  • contenere le dimensioni del messaggio (mai più di 100 KB);
  • non aggiungere moduli di registrazione, video embedded o altri elementi multimediali;

 

In più, quando si compone il messaggio è bene utilizzare direttamente l’editor di testo proposto dalla piattaforma per l’email marketing. Qualora fosse indispensabile il ricorso a programmi come Microsoft Word, occorre evitare sempre il copia e incolla diretto dei testi, ma sfruttare la funzione “copia senza formattazione”. Questa procedura evita che nei contenuti di testo vengano inclusi tag HTML che potrebbero modificare il layout della newsletter.

Il template HTML

Le newsletter contenenti esclusivamente testo sono quelle che presentano il minor rischio di essere bloccate dai filtri antispam. Tuttavia, la necessità di comporre messaggi attraenti e in grado di invogliare alla lettura porta spesso ad optare per le newsletter impaginate sfruttando un template HTML.

Questi schemi, composti da tabelle e celle giustapposte, creano una struttura ordinata che garantisce una visualizzazione omogenea sui principali client, servizi webmail e dispositivi.
Realizzare un template HTML a partire da zero richiede una buona conoscenza di questo linguaggio. In più, la mancanza di uno standard di riferimento per il layout della posta elettronica rende particolarmente complesso creare messaggi che assicurino una compatibilità del 100%.
Come ulteriore problema, la presenza di una struttura HTML poco pulita dal punto di vista del codice rientra tra i fattori valutati negativamente dai filtri antispam.

La soluzione più semplice consiste nello sfruttare i template predefiniti che le piattaforme per l’email marketing mettono a disposizione degli utenti, personalizzandoli con i propri loghi, testi, immagini e link.
Se si desidera realizzare da sé il proprio template occorre invece:

  • evitare di inserire tag inutili e ridondanti;
  • non impiegare i tag che potrebbero non essere riconosciuti (ad esempio ,,

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