Storia di una vecchia finestra di Colmicoso e restauro a regola d’arte

A pochi importa di una vecchia finestra malandata in cima a un colle tra mura cadenti e strade fangose. Io sono uno di quelli. Se un oggetto ha una storia, per me è interessante. Se un oggetto, ancora di più, è abbandonato in un paese irraggiungibile in auto, oramai coperto da 80 anni di vegetazione e assenza dell’uomo, e coperto dal mistero, allora la caccia al tesoro ha inizio. Da una piccola finestra adagiata su una casa diroccata in quel di Colmicoso, ha inizio un’avventura fatta di sogni, ricerche, immaginazione e fantasia.

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Mi sono imbattuto nella finestra di colmicoso in un week-end di fine settembre, quando ho scoperto gli incredibili ruderi di Colmicoso durante una gita di trekking nella zona montana da cui traggo parte delle mie origini.

Immersa nel viottolo fangoso, quasi piantata a terra a far radici, forse da decenni, corrosa nel basso fondo dal terreno umido e dalle intemperie, l’ho sentita chiamarmi, ed è stato subito amore.

Non potevo però portarla con me in tale occasione e, ripartito per la città, ho dovuto attendere 3 mesi, fino al giorno della vigilia di natale, 24/12/2018, per tornare a Colmicoso, in una giornata ventosa e ricca di insidie, in compagnia di mio Suocero e amante delle vecchie cose e dei restauri impossibili.

Nei tre mesi che mi hanno separato dal ritorno a Colmicoso, non ho avuto altro pensiero se non quello di aver sbagliato a non caricarmi la finestra in spalla. Ora qualcuno avrebbe potuto prenderla e io, tornandovi, non trovarla.

Ci inerpichiamo sulla strada che da Rucce va ai ruderi, lasciamo l’auto, scendiamo tra fango, vento gelido e rovi, ed eccola lì, ancora ad attendermi, come un’amante che non tradisce. La carichiamo a spalla e la portiamo in macchina, per un rapido ritorno a casa con l’auto sballottata dal vento sui sentieri senza riparo a cima colle.

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La finestra, completamente assente nella parte inferiore, abbandonata a terra, è ora in salvo in auto, in direzione casa per lo studio di un restauro e di una destinazione d’uso.

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Portata a Roma, stando ad una prima valutazione di un paio di restauratori, la finestra avrebbe dovuto essere utilizzata per accendere il fuoco (sacrilegio!).

Poi ho incontrato la persona giusta, falegname industriale e maniaco per i dettagli, amante delle imprese impossibili.

“Dai, portamela in falegnameria e la vediamo”.

“Bellissima, certo che è un lavoro complicato”.

“Ma guarda che amore questo nottolino stondato.”

“E come la vorresti fare?”

“Certo, dobbiamo mantenere assolutamente questo, quello, quell’altro, i chiodi in legno… si questo si può in collare… questo lo rendiamo evidentemente nuovo, ma in tema, e poi il colore come lo farai?

Ci siamo intesi, e infine, accordati sul prezzo, abbiamo deciso di donare una protesi completa alle gambe di questa finestra.

Il restauro avrebbe dovuto però seguire (di comune accordo con il falegname) alcuni criteri, come ad esempio l’utilizzo di chiodi di legno, già presenti nella struttura originaria, sia per la nuova parte che avrebbe dovuto sostituire la parte inferiore speculare a quella superiore, sia per la connessione tra la parte originale e la parte innestata, sia per la sistemazione della parte originale superiore, danneggiata in modo evidente dal tempo.

Ecco il risultato parziale di alcuni dettagli dell’innesto, non ancora carteggiato e verniciato.

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Per la foto intera, attendiamo carteggiatura e verniciatura…

A presto!

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